Utilities.

venerdì 4 dicembre 2009
Il mio dilemma di questi giorni è l'UTILITA'.
O perlomeno, lo è sempre stato. Chi o cosa è utile? O meglio, quante delle cose che possiedo, vedo, e quante delle persone con cui parlo, interagisco, spendo il mio tempo, sono veramente utili? Cioè quanto di quello che mi circonda porta dei reali benefici alla mia vita, un autentico arricchimento, e quanto no?
Cerco di fare cernite sulla base di questo principio, a volte tornando sui miei passi, ma più spesso segando di colpo i rami secchi. Mi è sempre stata rinfacciata una crudele tendenza alla sparizione, all'eliminazione, alla passata di bianco; di alcune persone, che hanno fatto parte della mia vita non so più nulla, e lo stesso si può dire per luoghi, oggetti, libri, film, dischi. Sono spariti in una bomba di fumo come i prestigiatori, o meglio, così li ho fatti sparire, perchè semplicemente non mi piace portarmi dietro troppa zavorra, mi appesantisce.
Cerco di applicare lo stesso principio al lavoro che faccio ogni giorno, chiedendomi se veramente quello che esce dalle mie mani - e conseguentemente dai loro tubi catodici - sia veramente utile ai futuri utenti. Non mi piace la spazzatura e non voglio essere la prima a crearne. Ma con la stessa lente di ingrandimento cerco di osservare tutto quello che esce dal mio, di tubo catodico: nell'economia del mio tempo cliccante pretendo di partecipare ad esperienze pregnanti.
Anobii è una di queste, secondo me. Ecco tutto. Anche perchè mi piacciono i contenitori. Le cose ordinate. Mi ci ritrovo, ecco. Come lo scaffale dei vinili di papà. Crolla il mondo, scoppia la terza guerra mondiale, però i dischi che siano in ordine. Cronologico, per artista, per titolo. Che sappiamo almeno dove trovarli ecco. E soprattutto mi piace il suo essere ponte fra la carta e il pixel - come da me già predetto in sede di discussione di laurea (che potete comodamente consultare qui).
Torno a sognare di vegetare sotto il piumone, in un letto di datteri caramellati e annaffiata da abbondante tè verde. Che è un modo poetico per dire che sono alla frutta.