Siamo quasi alla fine dell'anno.
Cosa significa questo? Significa che mancano solo due anni alla fine del mondo. Ma questo non è poi così importante, anche perchè la risposta a tutte le paure che possono sorgere in merito è qui:
Significa soprattutto che è il momento di stilare la classifica degli album più belli del 2009, che è stato un anno proficuo e delizioso almeno quanto il 2006: un'esplosione di dischi uno più bello dell'altro, di band indimenticabili, un pluriorgasmo per le orecchie. Mi riferisco nella fattispecie a quell'estate famosa in cui non si sapeva se cominciare la giornata con Franz Ferdinand (You could have it so much better), Strokes (First Impressions of Earth), Arctic Monkeys (Whatever people say I am) o tanti altri. Ed erano tanti davvero.
Tre anni dopo, tre grandi ritorni. Meno per i Franz Ferdinand, il cui Tonight ci ha poco entusiasmati. Ma si sa, i Franz Ferdinand sono animaletti da palcoscenico; subordiniamo l'album alla qualità dell'esibizione. Tornano invece gli Arctic Monkeys (aggiungo, finalmente), con un disco denso come la polvere del deserto, che metto subito nella top 3, e Julian Casablancas (che sembra stare imparando a cantare) con Phrazes For the Young. Julian è sempre Julian; non si tocca.
Sono esplosi i Gossip, sono esplosi gli Yeah Yeah Yeahs, il cui It's Blitz va al terzo posto nella mia classifica personale; una bolla indie femminile in espansione, con esponenti come La Roux e le Sahara Hotnights nascoste in fila dietro le stelle; anche le donne se la cavano piuttosto bene ultimamente, e anche Abnormally attracted to sin di Tori Amos è un disco da avere.
Tornano anche gli Editors e tornano tanti altri, in verità, ma più che altro sono tanti quelli che se ne vanno: Jacko (addio) e soprattutto, si sciolgono gli Oasis il giorno prima del concerto a Milano. La separazione dei fratelli Gallagher è un pugno allo stomaco. Peggio di un divorzio di genitori. Mi sembra di sbandare. Disbanded, nel vero senso della parola (per una favolosa definizione del termine "disbanded", ma anche per un'ottimo blog, pubblicitariamente parlando o no, date un'occhiata qui). Nessuno sembra accorgersi, almeno momentaneamente) di quella band che, finalmente, può ambire al titolo di migliore rock band inglese attualmente esistente, dopo averlo predetto anni e anni orsono. Ed è per questo che, premiando il disco ma soprattutto la caparbietà, io metto loro al primo posto: i Kasabian.
West Ryder Pauper Lunatic System disco del 2009. Così ho deciso.
Per altri pareri, o per opinioni decisamente più accreditate, guardate qui (ne vale comunque la pena).
Anche se tanto, al prossimo viaggio saranno ancora i soliti dischi a girare nell'autoradio: Happy Mondays, Joy Division, New Order, Stone Roses. I grandi classici sono sempre i primi in classifica.
Le lacrime per la fatica che si mescolano a un cielo che piscia acqua, i guanti senza dita, la bici quando piove e ogni rotaia è un pericolo mortale.
La cotoletta al gusto suola, i pranzi la domenica a casa dell'unico amico che sa cucinare la pasta ai frutti di mare, i Baci Perugina.
Il mocio vileda la domenica sera, il calzettone sopra al pigiama, il piumone da cui osservi la settimana in entrata il lunedì mattina, il Naviglio grande il sabato pomeriggio, le mani a sfogliare i vinili.
La chiesa che scopri di venerdì sera, i due piani della casa 139, i cocktail che ti ritrovi in mano senza sapere perchè ma è meglio non chiedere, la nostalgia per quell'odore di sudore dell'Atomic che ora non c'è più, leggere Tuttocittà al buio, le pubblicità che ti osservano come una mamma apprensiva.
Le gite a Bergamo all'ultimo minuto e lo snowboard che dorme con te come un'amante, nel posto vuoto del letto a due piazze, mentre ogni goccia di pioggia che scende diventa neve a sole due ore da qui.
I Monty Python, le strade imparate come mulattiere, tante paia di bacchette per una batteria immaginaria, i negozi di scarpe, gli abiti che non potrai mai avere, gli inviti ad eventi a cui non potrai mai partecipare, i vestiti per i cani grandi come quelli di una Barbie.
I bambini pallidi, le mamme bionde, i papà che non si sa dove sono finiti.
I portoni in cui ripararsi, il Duomo illuminato di sera, gli angoli nascosti che non sapevi esistessero. Milano come Parigi, Milano come Amsterdam, Milano è quel che vuoi, dipende solo dal cappello che metti la mattina, o dal rossetto che si sbava sulle guance.
Le caramelle al cinema quando esci e credi di essere a Bologna e ti ci vogliono dieci minuti a realizzare che questa è via Solari.
Che qui i portici non ci sono. Non c'è protezione contro un cielo ostile.
Neanche un po' di nebbia dove nascondersi.
La cotoletta al gusto suola, i pranzi la domenica a casa dell'unico amico che sa cucinare la pasta ai frutti di mare, i Baci Perugina.
Il mocio vileda la domenica sera, il calzettone sopra al pigiama, il piumone da cui osservi la settimana in entrata il lunedì mattina, il Naviglio grande il sabato pomeriggio, le mani a sfogliare i vinili.
La chiesa che scopri di venerdì sera, i due piani della casa 139, i cocktail che ti ritrovi in mano senza sapere perchè ma è meglio non chiedere, la nostalgia per quell'odore di sudore dell'Atomic che ora non c'è più, leggere Tuttocittà al buio, le pubblicità che ti osservano come una mamma apprensiva.
Le gite a Bergamo all'ultimo minuto e lo snowboard che dorme con te come un'amante, nel posto vuoto del letto a due piazze, mentre ogni goccia di pioggia che scende diventa neve a sole due ore da qui.
I Monty Python, le strade imparate come mulattiere, tante paia di bacchette per una batteria immaginaria, i negozi di scarpe, gli abiti che non potrai mai avere, gli inviti ad eventi a cui non potrai mai partecipare, i vestiti per i cani grandi come quelli di una Barbie.
I bambini pallidi, le mamme bionde, i papà che non si sa dove sono finiti.
I portoni in cui ripararsi, il Duomo illuminato di sera, gli angoli nascosti che non sapevi esistessero. Milano come Parigi, Milano come Amsterdam, Milano è quel che vuoi, dipende solo dal cappello che metti la mattina, o dal rossetto che si sbava sulle guance.
Le caramelle al cinema quando esci e credi di essere a Bologna e ti ci vogliono dieci minuti a realizzare che questa è via Solari.
Che qui i portici non ci sono. Non c'è protezione contro un cielo ostile.
Neanche un po' di nebbia dove nascondersi.
Molti mi chiedono come siano le mie giornate. Si chiedono soprattutto se io mi svegli veramente così, sorridente e fiduciosa, spavalda e pronta ad affrontare il mondo in qualsiasi sua forma. La risposta a queste domande è drammaticamente NO. La mattina io odio tutti. L'unica cosa che mi dà più fastidio delle bambole per ventriloqui sono le persone che si svegliano di buon umore la mattina, e magari cercano di interagire con me.
La mattina è il momento più brutto di ogni mia giornata, e ve lo dimostrerò con una deliziosa scaletta delle mie attività quotidiane.
7.23: Spalanco gli occhi sobbalzando. Ogni giorno alla stessa ora. Temendo che siano le undici e la sveglia non sia suonata. Bestemmia n°1, mi volto e torno a dormire.
8.20: Suona la sveglia. Snooze.
8.25: Suona la sveglia. Snooze.
8.30: Suona la sveglia. Snooze.
8.35: Suona la sveglia. Snooze. Mugugno non identificato.
8.40: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Snooze. Altro mugugno.
8.45: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Bestemmia n°2. Mugugno n°3.
8.50: Spalanco gli occhi in preda al terrore e urlo diperata: Perchè la sveglia non ha suonato? Mi lancio fuori dalle lenzuola a una velocità tale che si ripiegano automaticamente sul vuoto lasciato dal mio corpo assente e corro in bagno. Il bagno è occupato. Bestemmia n°3.
8.51 - 8.57: Abluzioni sparse. Le altre coinquiline entrano ed escono dal bagno chiedendomi se va tutto bene, mentre cerco di limarmi le unghie con lo spazzolino o di pettinarmi con l'asciugamano.
8.57 - 8.59: Infilo un calzino rosa, uno rosso, un paio di mutande tye and dye (effetti delle lavatrici multicolor) e qualsiasi cosa appaia sul picco della montagna di vestiti che vive e si riproduce a fianco del mio letto, mentre con l'altra mano mi spalmo il fondotinta sui capelli e passo il kajal nei buchi del naso tentando di beccare l'occhio. Rinuncio a mettere le lenti a contatto, le palpebre non sono reattive. La moka miracolosamente non è esplosa ma ha prodotto una brodaglia che sorseggio davanti alle finestre ammirando estasiata il traffico mattutino.
9.00: Uscita a razzo da casa.
9.01: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi della bici.
9.02: Esco di casa.
9.03: Rientro in casa, ho dimenticato gli occhiali da vista.
9.04: Esco di casa.
9.95: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi di casa.
9.07: Saluto il portiere e facendolo il piede destro scivola dal pedale della bici causandomi un'esperienza paranormale di premorte. Mi accendo la prima sigaretta per riprendermi dal trauma. Del risveglio, non della premorte.
9.09: Mentre pedalo mi rendo conto che ho dimenticato il cellulare a casa. Ma non tornerò indietro.
9.17: Perdo un'eternità a capire come si slega e come si rilega questa stupida catena della bici.
9.19: Qualcuno mi aiuta mosso a compassione.
9.20: Entro in ufficio sorridendo di un sorriso ebete e facendo finta di non essere in ritardo, nè di essere sveglia da soli 30 minuti.
9.21: Qualcuno mi chiede se mi sono vestita al buio o se ho provato a pettinarmi con le bombe a a mano. Mi guardo allo specchio e penso che potrei tranquillamente finire sul blog di The Sartorialist per l'originalità, se solo fossi in grado di abbinare i colori in modo da evitare l'effetto pugno nell'occhio. Rispondo con lo stesso sorriso ebete e vado avanti.
9.22: Caffè n°1.
9.23: Sguardo al progress.
9.24: Caffè n°2.
9.25: Sigaretta.
9.30: La giornata comincia. Io ancora no.
Una sola avvertenza: non cercate di farlo a casa vostra. Mi ci sono voluti anni e anni di allenamento per ottenere questa allegra trafila da stuntman; se affrontato senza le dovute precauzioni, potrebbe risultarvi fatale. Beware.
La mattina è il momento più brutto di ogni mia giornata, e ve lo dimostrerò con una deliziosa scaletta delle mie attività quotidiane.
7.23: Spalanco gli occhi sobbalzando. Ogni giorno alla stessa ora. Temendo che siano le undici e la sveglia non sia suonata. Bestemmia n°1, mi volto e torno a dormire.
8.20: Suona la sveglia. Snooze.
8.25: Suona la sveglia. Snooze.
8.30: Suona la sveglia. Snooze.
8.35: Suona la sveglia. Snooze. Mugugno non identificato.
8.40: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Snooze. Altro mugugno.
8.45: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Bestemmia n°2. Mugugno n°3.
8.50: Spalanco gli occhi in preda al terrore e urlo diperata: Perchè la sveglia non ha suonato? Mi lancio fuori dalle lenzuola a una velocità tale che si ripiegano automaticamente sul vuoto lasciato dal mio corpo assente e corro in bagno. Il bagno è occupato. Bestemmia n°3.
8.51 - 8.57: Abluzioni sparse. Le altre coinquiline entrano ed escono dal bagno chiedendomi se va tutto bene, mentre cerco di limarmi le unghie con lo spazzolino o di pettinarmi con l'asciugamano.
8.57 - 8.59: Infilo un calzino rosa, uno rosso, un paio di mutande tye and dye (effetti delle lavatrici multicolor) e qualsiasi cosa appaia sul picco della montagna di vestiti che vive e si riproduce a fianco del mio letto, mentre con l'altra mano mi spalmo il fondotinta sui capelli e passo il kajal nei buchi del naso tentando di beccare l'occhio. Rinuncio a mettere le lenti a contatto, le palpebre non sono reattive. La moka miracolosamente non è esplosa ma ha prodotto una brodaglia che sorseggio davanti alle finestre ammirando estasiata il traffico mattutino.
9.00: Uscita a razzo da casa.
9.01: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi della bici.
9.02: Esco di casa.
9.03: Rientro in casa, ho dimenticato gli occhiali da vista.
9.04: Esco di casa.
9.95: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi di casa.
9.07: Saluto il portiere e facendolo il piede destro scivola dal pedale della bici causandomi un'esperienza paranormale di premorte. Mi accendo la prima sigaretta per riprendermi dal trauma. Del risveglio, non della premorte.
9.09: Mentre pedalo mi rendo conto che ho dimenticato il cellulare a casa. Ma non tornerò indietro.
9.17: Perdo un'eternità a capire come si slega e come si rilega questa stupida catena della bici.
9.19: Qualcuno mi aiuta mosso a compassione.
9.20: Entro in ufficio sorridendo di un sorriso ebete e facendo finta di non essere in ritardo, nè di essere sveglia da soli 30 minuti.
9.21: Qualcuno mi chiede se mi sono vestita al buio o se ho provato a pettinarmi con le bombe a a mano. Mi guardo allo specchio e penso che potrei tranquillamente finire sul blog di The Sartorialist per l'originalità, se solo fossi in grado di abbinare i colori in modo da evitare l'effetto pugno nell'occhio. Rispondo con lo stesso sorriso ebete e vado avanti.
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