Il mio dilemma di questi giorni è l'UTILITA'.
O perlomeno, lo è sempre stato. Chi o cosa è utile? O meglio, quante delle cose che possiedo, vedo, e quante delle persone con cui parlo, interagisco, spendo il mio tempo, sono veramente utili? Cioè quanto di quello che mi circonda porta dei reali benefici alla mia vita, un autentico arricchimento, e quanto no?
Cerco di fare cernite sulla base di questo principio, a volte tornando sui miei passi, ma più spesso segando di colpo i rami secchi. Mi è sempre stata rinfacciata una crudele tendenza alla sparizione, all'eliminazione, alla passata di bianco; di alcune persone, che hanno fatto parte della mia vita non so più nulla, e lo stesso si può dire per luoghi, oggetti, libri, film, dischi. Sono spariti in una bomba di fumo come i prestigiatori, o meglio, così li ho fatti sparire, perchè semplicemente non mi piace portarmi dietro troppa zavorra, mi appesantisce.
Cerco di applicare lo stesso principio al lavoro che faccio ogni giorno, chiedendomi se veramente quello che esce dalle mie mani - e conseguentemente dai loro tubi catodici - sia veramente utile ai futuri utenti. Non mi piace la spazzatura e non voglio essere la prima a crearne. Ma con la stessa lente di ingrandimento cerco di osservare tutto quello che esce dal mio, di tubo catodico: nell'economia del mio tempo cliccante pretendo di partecipare ad esperienze pregnanti.
Anobii è una di queste, secondo me. Ecco tutto. Anche perchè mi piacciono i contenitori. Le cose ordinate. Mi ci ritrovo, ecco. Come lo scaffale dei vinili di papà. Crolla il mondo, scoppia la terza guerra mondiale, però i dischi che siano in ordine. Cronologico, per artista, per titolo. Che sappiamo almeno dove trovarli ecco. E soprattutto mi piace il suo essere ponte fra la carta e il pixel - come da me già predetto in sede di discussione di laurea (che potete comodamente consultare qui).
Torno a sognare di vegetare sotto il piumone, in un letto di datteri caramellati e annaffiata da abbondante tè verde. Che è un modo poetico per dire che sono alla frutta.
Siamo quasi alla fine dell'anno.
Cosa significa questo? Significa che mancano solo due anni alla fine del mondo. Ma questo non è poi così importante, anche perchè la risposta a tutte le paure che possono sorgere in merito è qui:
Significa soprattutto che è il momento di stilare la classifica degli album più belli del 2009, che è stato un anno proficuo e delizioso almeno quanto il 2006: un'esplosione di dischi uno più bello dell'altro, di band indimenticabili, un pluriorgasmo per le orecchie. Mi riferisco nella fattispecie a quell'estate famosa in cui non si sapeva se cominciare la giornata con Franz Ferdinand (You could have it so much better), Strokes (First Impressions of Earth), Arctic Monkeys (Whatever people say I am) o tanti altri. Ed erano tanti davvero.
Tre anni dopo, tre grandi ritorni. Meno per i Franz Ferdinand, il cui Tonight ci ha poco entusiasmati. Ma si sa, i Franz Ferdinand sono animaletti da palcoscenico; subordiniamo l'album alla qualità dell'esibizione. Tornano invece gli Arctic Monkeys (aggiungo, finalmente), con un disco denso come la polvere del deserto, che metto subito nella top 3, e Julian Casablancas (che sembra stare imparando a cantare) con Phrazes For the Young. Julian è sempre Julian; non si tocca.
Sono esplosi i Gossip, sono esplosi gli Yeah Yeah Yeahs, il cui It's Blitz va al terzo posto nella mia classifica personale; una bolla indie femminile in espansione, con esponenti come La Roux e le Sahara Hotnights nascoste in fila dietro le stelle; anche le donne se la cavano piuttosto bene ultimamente, e anche Abnormally attracted to sin di Tori Amos è un disco da avere.
Tornano anche gli Editors e tornano tanti altri, in verità, ma più che altro sono tanti quelli che se ne vanno: Jacko (addio) e soprattutto, si sciolgono gli Oasis il giorno prima del concerto a Milano. La separazione dei fratelli Gallagher è un pugno allo stomaco. Peggio di un divorzio di genitori. Mi sembra di sbandare. Disbanded, nel vero senso della parola (per una favolosa definizione del termine "disbanded", ma anche per un'ottimo blog, pubblicitariamente parlando o no, date un'occhiata qui). Nessuno sembra accorgersi, almeno momentaneamente) di quella band che, finalmente, può ambire al titolo di migliore rock band inglese attualmente esistente, dopo averlo predetto anni e anni orsono. Ed è per questo che, premiando il disco ma soprattutto la caparbietà, io metto loro al primo posto: i Kasabian.
West Ryder Pauper Lunatic System disco del 2009. Così ho deciso.
Per altri pareri, o per opinioni decisamente più accreditate, guardate qui (ne vale comunque la pena).
Anche se tanto, al prossimo viaggio saranno ancora i soliti dischi a girare nell'autoradio: Happy Mondays, Joy Division, New Order, Stone Roses. I grandi classici sono sempre i primi in classifica.
Cosa significa questo? Significa che mancano solo due anni alla fine del mondo. Ma questo non è poi così importante, anche perchè la risposta a tutte le paure che possono sorgere in merito è qui:
Significa soprattutto che è il momento di stilare la classifica degli album più belli del 2009, che è stato un anno proficuo e delizioso almeno quanto il 2006: un'esplosione di dischi uno più bello dell'altro, di band indimenticabili, un pluriorgasmo per le orecchie. Mi riferisco nella fattispecie a quell'estate famosa in cui non si sapeva se cominciare la giornata con Franz Ferdinand (You could have it so much better), Strokes (First Impressions of Earth), Arctic Monkeys (Whatever people say I am) o tanti altri. Ed erano tanti davvero.
Tre anni dopo, tre grandi ritorni. Meno per i Franz Ferdinand, il cui Tonight ci ha poco entusiasmati. Ma si sa, i Franz Ferdinand sono animaletti da palcoscenico; subordiniamo l'album alla qualità dell'esibizione. Tornano invece gli Arctic Monkeys (aggiungo, finalmente), con un disco denso come la polvere del deserto, che metto subito nella top 3, e Julian Casablancas (che sembra stare imparando a cantare) con Phrazes For the Young. Julian è sempre Julian; non si tocca.
Sono esplosi i Gossip, sono esplosi gli Yeah Yeah Yeahs, il cui It's Blitz va al terzo posto nella mia classifica personale; una bolla indie femminile in espansione, con esponenti come La Roux e le Sahara Hotnights nascoste in fila dietro le stelle; anche le donne se la cavano piuttosto bene ultimamente, e anche Abnormally attracted to sin di Tori Amos è un disco da avere.
Tornano anche gli Editors e tornano tanti altri, in verità, ma più che altro sono tanti quelli che se ne vanno: Jacko (addio) e soprattutto, si sciolgono gli Oasis il giorno prima del concerto a Milano. La separazione dei fratelli Gallagher è un pugno allo stomaco. Peggio di un divorzio di genitori. Mi sembra di sbandare. Disbanded, nel vero senso della parola (per una favolosa definizione del termine "disbanded", ma anche per un'ottimo blog, pubblicitariamente parlando o no, date un'occhiata qui). Nessuno sembra accorgersi, almeno momentaneamente) di quella band che, finalmente, può ambire al titolo di migliore rock band inglese attualmente esistente, dopo averlo predetto anni e anni orsono. Ed è per questo che, premiando il disco ma soprattutto la caparbietà, io metto loro al primo posto: i Kasabian.
West Ryder Pauper Lunatic System disco del 2009. Così ho deciso.
Per altri pareri, o per opinioni decisamente più accreditate, guardate qui (ne vale comunque la pena).
Anche se tanto, al prossimo viaggio saranno ancora i soliti dischi a girare nell'autoradio: Happy Mondays, Joy Division, New Order, Stone Roses. I grandi classici sono sempre i primi in classifica.
Le lacrime per la fatica che si mescolano a un cielo che piscia acqua, i guanti senza dita, la bici quando piove e ogni rotaia è un pericolo mortale.
La cotoletta al gusto suola, i pranzi la domenica a casa dell'unico amico che sa cucinare la pasta ai frutti di mare, i Baci Perugina.
Il mocio vileda la domenica sera, il calzettone sopra al pigiama, il piumone da cui osservi la settimana in entrata il lunedì mattina, il Naviglio grande il sabato pomeriggio, le mani a sfogliare i vinili.
La chiesa che scopri di venerdì sera, i due piani della casa 139, i cocktail che ti ritrovi in mano senza sapere perchè ma è meglio non chiedere, la nostalgia per quell'odore di sudore dell'Atomic che ora non c'è più, leggere Tuttocittà al buio, le pubblicità che ti osservano come una mamma apprensiva.
Le gite a Bergamo all'ultimo minuto e lo snowboard che dorme con te come un'amante, nel posto vuoto del letto a due piazze, mentre ogni goccia di pioggia che scende diventa neve a sole due ore da qui.
I Monty Python, le strade imparate come mulattiere, tante paia di bacchette per una batteria immaginaria, i negozi di scarpe, gli abiti che non potrai mai avere, gli inviti ad eventi a cui non potrai mai partecipare, i vestiti per i cani grandi come quelli di una Barbie.
I bambini pallidi, le mamme bionde, i papà che non si sa dove sono finiti.
I portoni in cui ripararsi, il Duomo illuminato di sera, gli angoli nascosti che non sapevi esistessero. Milano come Parigi, Milano come Amsterdam, Milano è quel che vuoi, dipende solo dal cappello che metti la mattina, o dal rossetto che si sbava sulle guance.
Le caramelle al cinema quando esci e credi di essere a Bologna e ti ci vogliono dieci minuti a realizzare che questa è via Solari.
Che qui i portici non ci sono. Non c'è protezione contro un cielo ostile.
Neanche un po' di nebbia dove nascondersi.
La cotoletta al gusto suola, i pranzi la domenica a casa dell'unico amico che sa cucinare la pasta ai frutti di mare, i Baci Perugina.
Il mocio vileda la domenica sera, il calzettone sopra al pigiama, il piumone da cui osservi la settimana in entrata il lunedì mattina, il Naviglio grande il sabato pomeriggio, le mani a sfogliare i vinili.
La chiesa che scopri di venerdì sera, i due piani della casa 139, i cocktail che ti ritrovi in mano senza sapere perchè ma è meglio non chiedere, la nostalgia per quell'odore di sudore dell'Atomic che ora non c'è più, leggere Tuttocittà al buio, le pubblicità che ti osservano come una mamma apprensiva.
Le gite a Bergamo all'ultimo minuto e lo snowboard che dorme con te come un'amante, nel posto vuoto del letto a due piazze, mentre ogni goccia di pioggia che scende diventa neve a sole due ore da qui.
I Monty Python, le strade imparate come mulattiere, tante paia di bacchette per una batteria immaginaria, i negozi di scarpe, gli abiti che non potrai mai avere, gli inviti ad eventi a cui non potrai mai partecipare, i vestiti per i cani grandi come quelli di una Barbie.
I bambini pallidi, le mamme bionde, i papà che non si sa dove sono finiti.
I portoni in cui ripararsi, il Duomo illuminato di sera, gli angoli nascosti che non sapevi esistessero. Milano come Parigi, Milano come Amsterdam, Milano è quel che vuoi, dipende solo dal cappello che metti la mattina, o dal rossetto che si sbava sulle guance.
Le caramelle al cinema quando esci e credi di essere a Bologna e ti ci vogliono dieci minuti a realizzare che questa è via Solari.
Che qui i portici non ci sono. Non c'è protezione contro un cielo ostile.
Neanche un po' di nebbia dove nascondersi.
Molti mi chiedono come siano le mie giornate. Si chiedono soprattutto se io mi svegli veramente così, sorridente e fiduciosa, spavalda e pronta ad affrontare il mondo in qualsiasi sua forma. La risposta a queste domande è drammaticamente NO. La mattina io odio tutti. L'unica cosa che mi dà più fastidio delle bambole per ventriloqui sono le persone che si svegliano di buon umore la mattina, e magari cercano di interagire con me.
La mattina è il momento più brutto di ogni mia giornata, e ve lo dimostrerò con una deliziosa scaletta delle mie attività quotidiane.
7.23: Spalanco gli occhi sobbalzando. Ogni giorno alla stessa ora. Temendo che siano le undici e la sveglia non sia suonata. Bestemmia n°1, mi volto e torno a dormire.
8.20: Suona la sveglia. Snooze.
8.25: Suona la sveglia. Snooze.
8.30: Suona la sveglia. Snooze.
8.35: Suona la sveglia. Snooze. Mugugno non identificato.
8.40: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Snooze. Altro mugugno.
8.45: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Bestemmia n°2. Mugugno n°3.
8.50: Spalanco gli occhi in preda al terrore e urlo diperata: Perchè la sveglia non ha suonato? Mi lancio fuori dalle lenzuola a una velocità tale che si ripiegano automaticamente sul vuoto lasciato dal mio corpo assente e corro in bagno. Il bagno è occupato. Bestemmia n°3.
8.51 - 8.57: Abluzioni sparse. Le altre coinquiline entrano ed escono dal bagno chiedendomi se va tutto bene, mentre cerco di limarmi le unghie con lo spazzolino o di pettinarmi con l'asciugamano.
8.57 - 8.59: Infilo un calzino rosa, uno rosso, un paio di mutande tye and dye (effetti delle lavatrici multicolor) e qualsiasi cosa appaia sul picco della montagna di vestiti che vive e si riproduce a fianco del mio letto, mentre con l'altra mano mi spalmo il fondotinta sui capelli e passo il kajal nei buchi del naso tentando di beccare l'occhio. Rinuncio a mettere le lenti a contatto, le palpebre non sono reattive. La moka miracolosamente non è esplosa ma ha prodotto una brodaglia che sorseggio davanti alle finestre ammirando estasiata il traffico mattutino.
9.00: Uscita a razzo da casa.
9.01: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi della bici.
9.02: Esco di casa.
9.03: Rientro in casa, ho dimenticato gli occhiali da vista.
9.04: Esco di casa.
9.95: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi di casa.
9.07: Saluto il portiere e facendolo il piede destro scivola dal pedale della bici causandomi un'esperienza paranormale di premorte. Mi accendo la prima sigaretta per riprendermi dal trauma. Del risveglio, non della premorte.
9.09: Mentre pedalo mi rendo conto che ho dimenticato il cellulare a casa. Ma non tornerò indietro.
9.17: Perdo un'eternità a capire come si slega e come si rilega questa stupida catena della bici.
9.19: Qualcuno mi aiuta mosso a compassione.
9.20: Entro in ufficio sorridendo di un sorriso ebete e facendo finta di non essere in ritardo, nè di essere sveglia da soli 30 minuti.
9.21: Qualcuno mi chiede se mi sono vestita al buio o se ho provato a pettinarmi con le bombe a a mano. Mi guardo allo specchio e penso che potrei tranquillamente finire sul blog di The Sartorialist per l'originalità, se solo fossi in grado di abbinare i colori in modo da evitare l'effetto pugno nell'occhio. Rispondo con lo stesso sorriso ebete e vado avanti.
9.22: Caffè n°1.
9.23: Sguardo al progress.
9.24: Caffè n°2.
9.25: Sigaretta.
9.30: La giornata comincia. Io ancora no.
Una sola avvertenza: non cercate di farlo a casa vostra. Mi ci sono voluti anni e anni di allenamento per ottenere questa allegra trafila da stuntman; se affrontato senza le dovute precauzioni, potrebbe risultarvi fatale. Beware.
La mattina è il momento più brutto di ogni mia giornata, e ve lo dimostrerò con una deliziosa scaletta delle mie attività quotidiane.
7.23: Spalanco gli occhi sobbalzando. Ogni giorno alla stessa ora. Temendo che siano le undici e la sveglia non sia suonata. Bestemmia n°1, mi volto e torno a dormire.
8.20: Suona la sveglia. Snooze.
8.25: Suona la sveglia. Snooze.
8.30: Suona la sveglia. Snooze.
8.35: Suona la sveglia. Snooze. Mugugno non identificato.
8.40: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Snooze. Altro mugugno.
8.45: Suona la sveglia. Apro gli occhi. Bestemmia n°2. Mugugno n°3.
8.50: Spalanco gli occhi in preda al terrore e urlo diperata: Perchè la sveglia non ha suonato? Mi lancio fuori dalle lenzuola a una velocità tale che si ripiegano automaticamente sul vuoto lasciato dal mio corpo assente e corro in bagno. Il bagno è occupato. Bestemmia n°3.
8.51 - 8.57: Abluzioni sparse. Le altre coinquiline entrano ed escono dal bagno chiedendomi se va tutto bene, mentre cerco di limarmi le unghie con lo spazzolino o di pettinarmi con l'asciugamano.
8.57 - 8.59: Infilo un calzino rosa, uno rosso, un paio di mutande tye and dye (effetti delle lavatrici multicolor) e qualsiasi cosa appaia sul picco della montagna di vestiti che vive e si riproduce a fianco del mio letto, mentre con l'altra mano mi spalmo il fondotinta sui capelli e passo il kajal nei buchi del naso tentando di beccare l'occhio. Rinuncio a mettere le lenti a contatto, le palpebre non sono reattive. La moka miracolosamente non è esplosa ma ha prodotto una brodaglia che sorseggio davanti alle finestre ammirando estasiata il traffico mattutino.
9.00: Uscita a razzo da casa.
9.01: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi della bici.
9.02: Esco di casa.
9.03: Rientro in casa, ho dimenticato gli occhiali da vista.
9.04: Esco di casa.
9.95: Rientro in casa, ho dimenticato le chiavi di casa.
9.07: Saluto il portiere e facendolo il piede destro scivola dal pedale della bici causandomi un'esperienza paranormale di premorte. Mi accendo la prima sigaretta per riprendermi dal trauma. Del risveglio, non della premorte.
9.09: Mentre pedalo mi rendo conto che ho dimenticato il cellulare a casa. Ma non tornerò indietro.
9.17: Perdo un'eternità a capire come si slega e come si rilega questa stupida catena della bici.
9.19: Qualcuno mi aiuta mosso a compassione.
9.20: Entro in ufficio sorridendo di un sorriso ebete e facendo finta di non essere in ritardo, nè di essere sveglia da soli 30 minuti.
9.21: Qualcuno mi chiede se mi sono vestita al buio o se ho provato a pettinarmi con le bombe a a mano. Mi guardo allo specchio e penso che potrei tranquillamente finire sul blog di The Sartorialist per l'originalità, se solo fossi in grado di abbinare i colori in modo da evitare l'effetto pugno nell'occhio. Rispondo con lo stesso sorriso ebete e vado avanti.
9.22: Caffè n°1.
9.23: Sguardo al progress.
9.24: Caffè n°2.
9.25: Sigaretta.
9.30: La giornata comincia. Io ancora no.
Una sola avvertenza: non cercate di farlo a casa vostra. Mi ci sono voluti anni e anni di allenamento per ottenere questa allegra trafila da stuntman; se affrontato senza le dovute precauzioni, potrebbe risultarvi fatale. Beware.
Con chi ce l'ha stavolta?
advertising,
bestemmie creative,
infanzia abbandonata
Ho scoperto che gli account telefonano anche mentre sono in bagno a fare la pipì.
Ne ho sentito uno. L'ho visto uscire dal bagno col telefono in mano.
Allora è vero quello che dicono di loro.
Sono completamente sotto choc.
Ne ho sentito uno. L'ho visto uscire dal bagno col telefono in mano.
Allora è vero quello che dicono di loro.
Sono completamente sotto choc.
Lo sanno tutti che i cartoni animati sono roba da bambini.
Esagerato da
Lav
alle
18:42
domenica 11 ottobre 2009
Non ho mai fatto mistero della mia passione incontenibile per i cartoni animati. Film, pomeridiani, serie tv, di tutti i tipi. Li amo. Li conosco tutti.
I Disneyani occupano, naturalmente, un posto speciale nel mio cuore. Li conosco a memoria, frame dopo frame, canzone dopo canzone. Cito le canzoni del Libro della Giungla molto meglio del mio codice fiscale, e pure quello lo so abbastanza bene.
Ho cominciato ad avere i miei dubbi sui film Disney abbastanza presto, però.
Ad esempio, Mary Poppins. Mary Poppins è un film di una crudeltà imbarazzante per un bambino, non credete? Voglio dire, lei SE NE VA. Se ne va SENZA SALUTARE. Prima tutti felici e contenti, poi basta voltare le spalle un attimo e lei, tac, senza avvertire, sparisce per sempre. Roba da trauma infantile. Per Mary Poppins ho versato più lacrime che per qualsiasi sindrome premestruale.
Poi c'è Taron e la pentola Magica. Taron e la pentola Magica NON lo troverete in DVD. Perchè? Perchè è spaventoso. Fa veramente paura. E ho capito solo con gli anni che era un concentrato di simbolo satanici e occultismo condensato. L'ho rivisto poco tempo fa, scaricandolo dalla rete, e mi faceva ugualmente paura.
Proseguendo con la galleria degli orrori, uno dei miei preferiti di tutti i tempi è senza dubbio Il Re Leone. L'ho visto fino a vomitarlo dalle orbite. Immaginatevi la mia sopresa quando sono venuta a sapere dei messaggi subliminali contenuti nelle varie scene, tra cui la scritta gargantuesca SEX formata da un vortice di polvere.
A questo punto ho effettuato una piccola indagine - su fonti più o meno attendibili, più o meno di parte, più o meno paranoici, tipo questo - e ho scoperto che grazie ai film Disney sono stata bombardata fin da bambina con simboli satanici e inni al sesso selvaggio, ripetutamente e disgraziatamente. Vista la mia perseveranza nel guardarli, la domanda che sorge spontanea è:
Sono diventata così per colpa dei film Disney, o ho sempre amato i film Disney perchè ero già così?
Vi lascio meditare su un frame di Bianca e Bernie, dove una donna nuda dalla testa demoniaca si affaccia alla finestra mentre i due innocenti topolini scorrazzano felici sulla loro fogliolina volante.
Cadbury uno, Cadbury due, Cadbury tre,
Cadbury mille, Cadbury è ovunque.
Nessun'altro commento, se non Santo cielo, mi fa ridere. Mi fa ridere. Davvero.
Non come "L'uomo che usciva la gente", certo, però mi fa ridere.
Cadbury mille, Cadbury è ovunque.
Nessun'altro commento, se non Santo cielo, mi fa ridere. Mi fa ridere. Davvero.
Non come "L'uomo che usciva la gente", certo, però mi fa ridere.
A me piacciono i perdenti. Seriamente.
Mi affascinano. Li trovo disarmanti e irresistibili, nella loro mancata rassegnazione allo stato delle cose.
E non sono l'unica. Altrimenti i libri di Palahniuk, e di Coupland, e di Ellis, non sarebbero tanto venduti.
Il perdente è una categoria da non sottovalutare.
Il perdente ci ha provato, e ha perso.
Magari non ci ha provato, ma avrebbe voluto.
Ha perso e forse è troppo tardi.
Quante volte abbiamo giocato e perso, e lasciato brandelli di cuore e speranza qua e là.
Anche io ci sto provando. Magari poi perdo. Magari davvero devo abbandonare l'idea di fare il copy, e ritirarmi sulle alpi Cozie a coltivare cardi, in uno stato di armonica comunione con la natura. Loser. Perdente. Però con grinta.
E' per questo motivo, forse, che simpatizzo sistematicamente con le campagne che hanno perso a Cannes, più che con quelle che hanno vinto.
Tipo queste qui.
Che sono belle. Più belle delle campagne Marmite, per esempio. O Alka Seltzer.
Che ci hanno provato.
E hanno perso.
Beate loro.
Mi affascinano. Li trovo disarmanti e irresistibili, nella loro mancata rassegnazione allo stato delle cose.
E non sono l'unica. Altrimenti i libri di Palahniuk, e di Coupland, e di Ellis, non sarebbero tanto venduti.
Il perdente è una categoria da non sottovalutare.
Il perdente ci ha provato, e ha perso.
Magari non ci ha provato, ma avrebbe voluto.
Ha perso e forse è troppo tardi.
Quante volte abbiamo giocato e perso, e lasciato brandelli di cuore e speranza qua e là.
Anche io ci sto provando. Magari poi perdo. Magari davvero devo abbandonare l'idea di fare il copy, e ritirarmi sulle alpi Cozie a coltivare cardi, in uno stato di armonica comunione con la natura. Loser. Perdente. Però con grinta.
E' per questo motivo, forse, che simpatizzo sistematicamente con le campagne che hanno perso a Cannes, più che con quelle che hanno vinto.
Tipo queste qui.
Che sono belle. Più belle delle campagne Marmite, per esempio. O Alka Seltzer.
Che ci hanno provato.
E hanno perso.
Beate loro.
Grey Barcelona
Pilot Water Resistant.
JWT Shanghai
China Environmental Programme.
EURO RSCG Buenos Aires.
Psp: Adrenalin. In small doses.
Ecco.
A proposito di navigatore.
Anche se sono fortemente propensa a credere che non sia solo per il fatto di guidare una Fiat, e non un Land Rover, che mi perdo sempre (nella migliore delle ipotesi) e sono un pericolo pubblico ambulante (nella maggioranza delle ipotesi).
E non ho neanche l'iPhone, comunque.
Ho deciso di tentare la strada Milanese in una torrida notte. Milanese, per l'appunto.
A un certo punto, relativamente presto, il copy giunge a un bivio: o si accontenta di fare gli annunci per i Centri Commerciali della sua provincia dorata, navigando felicemente tra i suoi amatissimi giochi di parole, o tenta la strada della gloria. O perlomeno, della professionalità.
Personalmente ho aspettato di avere una certa confidenza nele mie capacità, o perlomeno nelle mie basi, prima di tentare il salto. Perché bisogna saper riconoscere il momento giusto, senza forzare le grosse trasformazioni.
Insomma, dopo un paio di anni di copywriting in una piccola/piccolissima agenzia di provincia me ne stavo scorrazzando per Milano a bordo di una decappottabile con un amico giocando al gioco del "se fossi" (se io fossi Mallory Knox adesso uccideremmo qualcuno-ma tu sei Mallory Knox-ah già mi ero dimenticata) quando, all'improvviso, dallo stereo è uscita una canzone. Come se l'avesse sputata. Di quelle canzoni che ti fanno pensare, ehi, sta per succedere qualcosa. Qualcosa di grosso.
Così ho guardato il mio amico e ho pensato: Magari sto per innamorarmi. Poi ci ho pensato bene, e ho scartato l'idea.
Ho guardato la macchina e ho pensato: Forse stiamo per morire, poi mi sono toccata una tetta e ho scartato l'idea.
Ho guardato la mia immagine nello specchietto retrovisore e ho pensato: Forse sto per vomitare, poi ho realizzato che non ci sarebbe stato niente di minimamente grandioso.
Poi ho guardato Milano e ho pensato che forse stavo per venirci a vivere.
Tre mesi dopo varcavo guardinga e sospettosa la soglia dell'Agenzia che mi aveva scelto, conoscevo le mie prime coinquiline e respiravo, finalmente e per la prima volta, quell'aria torbida e affascinante di fermento e insieme di stantìo che avvolge il magico mondo dell'advertising, e mi rendevo conto, come già supponevo, di avere ancora molto da imparare.
Tre mesi dopo erano praticamente tre settimane fa.
E' che non riesco a smettere di pensare che secondo me non è una coincidenza, il fatto che quella sera, quella canzone fosse suonata da un gruppo che si chiama Cut Copy.
A un certo punto, relativamente presto, il copy giunge a un bivio: o si accontenta di fare gli annunci per i Centri Commerciali della sua provincia dorata, navigando felicemente tra i suoi amatissimi giochi di parole, o tenta la strada della gloria. O perlomeno, della professionalità.
Personalmente ho aspettato di avere una certa confidenza nele mie capacità, o perlomeno nelle mie basi, prima di tentare il salto. Perché bisogna saper riconoscere il momento giusto, senza forzare le grosse trasformazioni.
Insomma, dopo un paio di anni di copywriting in una piccola/piccolissima agenzia di provincia me ne stavo scorrazzando per Milano a bordo di una decappottabile con un amico giocando al gioco del "se fossi" (se io fossi Mallory Knox adesso uccideremmo qualcuno-ma tu sei Mallory Knox-ah già mi ero dimenticata) quando, all'improvviso, dallo stereo è uscita una canzone. Come se l'avesse sputata. Di quelle canzoni che ti fanno pensare, ehi, sta per succedere qualcosa. Qualcosa di grosso.
Così ho guardato il mio amico e ho pensato: Magari sto per innamorarmi. Poi ci ho pensato bene, e ho scartato l'idea.
Ho guardato la macchina e ho pensato: Forse stiamo per morire, poi mi sono toccata una tetta e ho scartato l'idea.
Ho guardato la mia immagine nello specchietto retrovisore e ho pensato: Forse sto per vomitare, poi ho realizzato che non ci sarebbe stato niente di minimamente grandioso.
Poi ho guardato Milano e ho pensato che forse stavo per venirci a vivere.
Tre mesi dopo varcavo guardinga e sospettosa la soglia dell'Agenzia che mi aveva scelto, conoscevo le mie prime coinquiline e respiravo, finalmente e per la prima volta, quell'aria torbida e affascinante di fermento e insieme di stantìo che avvolge il magico mondo dell'advertising, e mi rendevo conto, come già supponevo, di avere ancora molto da imparare.
Tre mesi dopo erano praticamente tre settimane fa.
E' che non riesco a smettere di pensare che secondo me non è una coincidenza, il fatto che quella sera, quella canzone fosse suonata da un gruppo che si chiama Cut Copy.
Allora, io dovevo fare la groupie.
Trucco pesante dai quindici anni in poi, una malsana passione per il suono delle corde, qualsiasi esse siano. Un paio di Vic Firth fatte venire dall'America, una collezione sterminata di 33 giri, qualche rockstar minore baciata durante un concerto ancora più infimo e una massa di capelli dominta dall'anarchia. Ho amato uomini morti, per overdose (Sid), per suicidio (Ian), o semplicemente gay (Brian). Vivi, meno. Un complesso di Elettra incurabile per un papà ex rockstar. Dovevo fare la groupie.
Poi un giorno mi hanno detto "Scrivimi un titoletto". E ho scoperto che era divertente.
Mi hanno detto "Scrivimi una bodycopy". E quando ho scoperto cos'era una bodycopy, ho scoperto che era divertente.
Poi hanno tirato fuori una serie di paroloni assurdi e incomprensibili, brief, pre production meeting, CRM, Dem, layout, strategic planner, copywriter, art direction, concept, copy strategy, visualizer, account executive.
E lì per lì ho pensato che erano tutte cazzate.
Ma era già troppo tardi. E' andata proprio così.
Adesso faccio la copy.
A modo mio.
Trucco pesante dai quindici anni in poi, una malsana passione per il suono delle corde, qualsiasi esse siano. Un paio di Vic Firth fatte venire dall'America, una collezione sterminata di 33 giri, qualche rockstar minore baciata durante un concerto ancora più infimo e una massa di capelli dominta dall'anarchia. Ho amato uomini morti, per overdose (Sid), per suicidio (Ian), o semplicemente gay (Brian). Vivi, meno. Un complesso di Elettra incurabile per un papà ex rockstar. Dovevo fare la groupie.
Poi un giorno mi hanno detto "Scrivimi un titoletto". E ho scoperto che era divertente.
Mi hanno detto "Scrivimi una bodycopy". E quando ho scoperto cos'era una bodycopy, ho scoperto che era divertente.
Poi hanno tirato fuori una serie di paroloni assurdi e incomprensibili, brief, pre production meeting, CRM, Dem, layout, strategic planner, copywriter, art direction, concept, copy strategy, visualizer, account executive.
E lì per lì ho pensato che erano tutte cazzate.
Ma era già troppo tardi. E' andata proprio così.
Adesso faccio la copy.
A modo mio.
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